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Autore Perchè Marienbad odia Kubrick
AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 10-10-2006 16:48  
quote:
In data 2006-10-10 16:25, Quilty scrive:
quote:
In data 2006-10-10 14:35, AlZayd scrive:
I parolai voglio dui più.., ma perchè non capiscono il cinema, nè la poesia. La tecnica è il loro dio.



Ti ringrazio per avermi inquadrato in una precisa categoria. Com'era? Gli adepti acritico-fideisti? Tutto questo è molto divertente;peccato che non c'entri nulla con l'argomento trattato. Stai semplicemente spostando l'attenzione dal discorso pricipale a un banalissimo e superficiale commento sulle persone che lo propongono. E' un espediente tecnico (questo sì!) di chi non sa più cosa dire (è evidente l'incapacità tua di saper rispondere alla discussione limitandoti a una battuta da cabaret sulla mia lezioncina).

Sorvolati questi insignificanti dettagli del tutto gratuiti e fuori luogo, torniamo quindi sui banchi di scuola.


La cosa buffa è che non ti rendi conto che stai scrivendo una cosa che non ha assolutamente senso.
Hai riportato il post di Bunch311 (con il quale concordi) ,che ha sottolineato una cosa giustissima: le carrellate di orizzonti di gloria hanno un preciso significato semantico. Come ha correttamente segnalato questo utente,vanno a costituire quel labirinto dal quale i soldati non possono scappare, e che condurrà poi all' inevitabile morte.
Bunch non ha fatto altro che sottolineare che è proprio quella che tu chiami "tecnica" ( i movimenti di macchina ,le carrellate citate) che produce un significato.Questo è un ottimo esempio di utilizzo del mezzo cinematografico ,che non si limita a inquadrare una scena dove tutto è già descritto (come accade invece nella prima parte di FMJ, in cui il "messaggio" che ci viene propinato sta tutto all'interno dell'inquadratura e deriva da una preparazione antecedente all'oggetto filmato). E' quella che tu e Schizo chiamate "tecnica" (che altro non è che il linuaggio del cinema)che da un senso compiuto al film.
La poesia di cui parli non nasce da sè come se fossero funghi dopo un temporale,ma attraverso il sapiente uso degli strumenti tipici del cinema (inquadrature, movimenti di macchina e montaggio).
E' veramente divertente notare come sei riuscito a separare l'idea che Kubrick ha espresso con quei carrelli dall'esecuzione pratica che li ha creati. Separando quindi la morale di quella sequenza dalla forma che ha espresso quel concetto, hai compiuto uno sforzo immane per rimuovere un' evidenza che hai sotto al naso e che ti rifuti di vedere.
Sarebbe come sostenere che le idee che provengono dalla lettura di un libro non hanno alcuna relazione con la forma che le ha rese esplicite e non sono la sua diretta conseguenza. Ma dove? E quando? E su quale pianeta?



Sei tu che non hai capito nulla. Queste improbabili avventure sul tecnicismo non portano da nessuna parte. E' un noioso discorso da addetti ai lavori. Mai sostenuto che la poesia nasca come i funghi, ecc... ho parlato dell'importanza del "linguaggio" - ho in un post evidenziato in sintesi in cosa si fondi la poetica kubrickiana, quello sulle affinità con Bunuel - che è l'insieme di tutti gli elemnti che contribuiscono a creare il corpus artistico-filmico. Discorso che ho affrontato varie volte, a fronte del quale potrei riprendere copia incollando (come fai tu, che ti sei preparato la lezioncina, ed io non ho nè voglia, nè tempo di farlo), quanto già scritto in maniera più approfondita altrove. Potrei ricominciare di nuovo, e qualche considerazione l'ho buttata lì, ma despacito.., non interessato al leggere "dispense", bensì sollecitato da osservazioni che reputo interessanti e meritevoli di essere riprese, un po' per volta, all'impronta, sull'onda del novello piensiero e sull'intuizione non pre-costituita. Le tue lezioncine sono a mio avviso completamente viziate da un approccio di tipo professionistico, fideistico, che nel tuo caso è semplicemente imitativo, tutt'altro che frutto di uma intima maturazione. Non mi interessa convicerti della mia "preparazione". Ho quotato la frase di Bunch, estrapolandola dal contesto, volutamente, quindi senza dire che ne condividevo o meno l'intero, apprezzabile contenuto. Si è trattato da parte mia di una "speculazione"; ho colto una frase per dire quel che ho già detto.

[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 10-10-2006 alle 16:53 ]

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 10-10-2006 18:48  
Fenomenale.
Siamo alla fine arrivati al pre-giudizio.
L'utente Quilty infatti non esprime concetti suoi , derivati da una maturazione della percezione del cinema (al contrario ovviamente del suo interlocutore, le cui idee sorgono spontanee da una sua interiore e profonda rilessione sul campo cinematografico)ma scimmiotta senza convinzione le tesi di qualcun altro. Il peccato originale di Quilty è quindi quello di esporre idee preconcette tratte da qualche manualetto, dal quale attinge ossequiosamente (cercando magari di cambiare qualche parola per spacciare il tutto poi per concetti suoi). Si è già preparato la lezioncina a casa e l'interlocutore ricusa questo metodo.

Tutto questo,ancora una volta, non c'entra assolutamente nulla con la discussione portata avanti. Indipendentemente dal fatto che io esponga concetti miei (che poi..che razza di idiozia è mai questa? ognuno forma le sue idee su quello che legge, studia...ciascuno ha un'idea politica perchè ha elaborato una concezione del mondo tratta da qualsiasi fonte, a partire dalla televisione per finire a un qualsiasi saggio)o imiti quelli di qualcun altro, resta la totale incapacità di ribattere a quanto argomentato. Ma posso immaginare che tale difficoltà sia facilmente superabile se si mette in discussione la provenienza delle idee esposte, evitando così il fardello di doversi confrontare apertamente con l'interlocutore (indottrinato) sull'argomento in questione.
Il pre-giudizio riguardo agli usi e alle abitudini di tale Quilty rende impossibile un onesto confronto.

Siamo al ridicolo.
Spero veramente che non sia tutto qui, che tu abbia qualcosa di meglio da proporre ,che tu voglia cominciare a confrontarti sul cinema piuttosto che sulle presunte usanze e caratteristiche delle persone con cui ti confronti.

Tornando quindi a parlare di Kubrick, siamo arrivati a un passo dalla verità. AlZayd riporta una frase di Bunch
quote:
Il labirinto già esiste(vedhi shining),ma non servono dei limiti per designarlo,basta un carrello.

e commenta:
quote:
Bravo! In quete poche righe mi sembra vi sia la consapevolezza della ricorsìvità tecnico-espressiva, foramle, estetica contenutistica, stilistica, linguistica, ecc, ecc, ecc, del cinene di K. Basta una semplice, "verità" (quel che dicevo prima) tecnico-linguistica per costruire la poesia. I parolai voglio dui più.., ma perchè non capiscono il cinema, nè la poesia. La tecnica è il loro dio.


Da un lato concorda con l'affermazione (Bravo!)e dall'altro scredita il parolaio (che sarei io), arido scribacchino al servizio della tecnica.

La cosa divertente è che trovandosi d'accordo con la frase di Bunch ha inconsapevolmente legittimato quanto andavo sostenendo. Difatti l'etica della sequenza descritta (il tema del labirinto) è creata da quella "tecnica" di cui non vuol sentire parlare (la carrellata all'indietro con personaggio in avanzamento).
Per delineare un labirinto basta un carrello.
Ma ovviamente perchè mai dover concordare con quello schifoso di Quilty? E così ,avallando il concetto che andavo esprimendo mi ha etichettato allo stesso tempo come un parolaio che non capisce il cinema.
Veramente una figura pessima, che nasce sostanzialmente dal quel pre-giudizio nei confronti dello schifoso che ha avuto il coronamento in quest'ultima delirante replica. Ma continuiamo così...




[ Questo messaggio è stato modificato da: Quilty il 10-10-2006 alle 18:50 ]

[ Questo messaggio è stato modificato da: Quilty il 10-10-2006 alle 18:53 ]

[ Questo messaggio è stato modificato da: Quilty il 10-10-2006 alle 18:55 ]

[ Questo messaggio è stato modificato da: Quilty il 10-10-2006 alle 23:24 ]

[ Questo messaggio è stato modificato da: Quilty il 10-10-2006 alle 23:56 ]

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bunch311

Reg.: 20 Gen 2005
Messaggi: 430
Da: roma (RM)
Inviato: 10-10-2006 19:46  
quote:
In data 2006-10-10 16:25, Quilty scrive:
quote:
In data 2006-10-10 14:35, AlZayd scrive:
I parolai voglio dui più.., ma perchè non capiscono il cinema, nè la poesia. La tecnica è il loro dio.



Ti ringrazio per avermi inquadrato in una precisa categoria. Com'era? Gli adepti acritico-fideisti? Tutto questo è molto divertente;peccato che non c'entri nulla con l'argomento trattato. Stai semplicemente spostando l'attenzione dal discorso pricipale a un banalissimo e superficiale commento sulle persone che lo propongono. E' un espediente tecnico (questo sì!) di chi non sa più cosa dire (è evidente l'incapacità tua di saper rispondere alla discussione limitandoti a una battuta da cabaret sulla mia lezioncina).

Sorvolati questi insignificanti dettagli del tutto gratuiti e fuori luogo, torniamo quindi sui banchi di scuola.


La cosa buffa è che non ti rendi conto che stai scrivendo una cosa che non ha assolutamente senso.
Hai riportato il post di Bunch311 (con il quale concordi) ,che ha sottolineato una cosa giustissima: le carrellate di orizzonti di gloria hanno un preciso significato semantico. Come ha correttamente segnalato questo utente,vanno a costituire quel labirinto dal quale i soldati non possono scappare, e che condurrà poi all' inevitabile morte.
Bunch non ha fatto altro che sottolineare che è proprio quella che tu chiami "tecnica" ( i movimenti di macchina ,le carrellate citate) che produce un significato.Questo è un ottimo esempio di utilizzo del mezzo cinematografico ,che non si limita a inquadrare una scena dove tutto è già descritto (come accade invece nella prima parte di FMJ, in cui il "messaggio" che ci viene propinato sta tutto all'interno dell'inquadratura e deriva da una preparazione antecedente all'oggetto filmato). E' quella che tu e Schizo chiamate "tecnica" (che altro non è che il linuaggio del cinema)che da un senso compiuto al film.
La poesia di cui parli non nasce da sè come se fossero funghi dopo un temporale,ma attraverso il sapiente uso degli strumenti tipici del cinema (inquadrature, movimenti di macchina e montaggio).
E' veramente divertente notare come sei riuscito a separare l'idea che Kubrick ha espresso con quei carrelli dall'esecuzione pratica che l' ha creata.Separando quindi la morale di quella sequenza dalla forma che ha espresso quel concetto, hai compiuto uno sforzo immane per rimuovere un' evidenza che hai sotto al naso e che ti rifuti di vedere.
Sarebbe come sostenere che le idee che provengono dalla lettura di un libro non hanno alcuna relazione con la forma che le ha rese esplicite e non sono la sua diretta conseguenza. Ma dove? E quando? E su quale pianeta?



[ Questo messaggio è stato modificato da: Quilty il 10-10-2006 alle 16:35 ]

ma te hai capito che tutte le tue supposizioni come quello di marienbad sono errate?!e che davvero siete lontanissimi dal poter capire kubrick.ti do un altro spunto su cui riflettere,perchè gli unici rallenti di full metal jacket sono dedicati prima alla vittima di palla di lardo e poi a quelle del cecchino-donna?!da come ragionate sareste capaci di dire che è una ridondanza per aggiungere pathos,spero che possiate allargare i vostri orizzonti.
_________________
"tutti sognamo di tornare bambini,anche i peggiori di noi,anzi forse loro lo sognano più di tutti" il mucchio selvaggio

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 10-10-2006 23:21  
Veramente non sono quelle le uniche sequenze al ralenty : hai dimenticato la morte di Cowboy. Ho visto il film ieri e lo ricordo perfettamente.
In ogni caso no, non riesco a collegare questi tre elementi , queste tre scelte di regia. Spiegacelo grazie.

Comunque Full Metal Jacket non ha praticamente alcuno spunto di rilievo nella sua regia: oltre alle scene citate precedentemente ne aggiungo solamente un'altra.
Durante la lunga sequenza finale tre marines vanno incontro alla morte , uccisi dal cecchino. Prima di morire, Kubrick stacca e mostra una soggettiva dal punto di vista del cecchino. Lo spettatore viene così informato dell'imminente fine dei 3 malcapitati. Questo e gli altri sono rari momenti in cui il linguaggio del cinema viene utilizzato per produrre un significato, il resto (mi spiace dirlo ) è una sequela di inquadrature dove il "messaggio" vi è già contenuto.
E ripeto, FMJ è un film pieno di contenuti:purtroppo non li si può ricavare se non da elementi che esulano da un'analisi degli strumenti del cinema (inquadrature, movimenti di macchina e montaggio)ma che riguardano piuttosto un precedente lavoro (ottimo ) di sceneggiatura ecc ecc...
Qual' è allora il merito della regia? In questo caso vale ben poco.



[ Questo messaggio è stato modificato da: Quilty il 10-10-2006 alle 23:48 ]

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 10-10-2006 23:43  
quote:
In data 2006-10-10 14:22, Schizobis scrive:

La mia sensazione è questa: più si parla di tecnica, di montaggio, di sceneggiatura più si rischia di perdere di vista l'essenza stessa di un film.

Non riesco a capire come critiche di tipo tecnico pssano tramutarsi in critiche della poetica di un autore.




Ma è proprio il contrario Schizo. L'essenza stessa di un film è data da precise scelte di regia. Ci si può fermare ad un'analisi superficiale oppure si può decidere di andare a vedere il luogo dove nasce quella che viene comunemente chiamata emozione, o poetica o che dir si voglia.
Significa inoltre considerare il cinema per quello che è, una disciplina autonoma che si basa sulle immagini e non su dei libri o chissà cos'altro. Non c'è metro più corretto se non quello di valutare una forma di comunicazione secondo i mezzi che usa per comunicare. E i mezzi che il cinema usa sono tutto quello che passa attraverso la mdp: cosa viene inquadrato, come, con quale ripresa, come viene montato...in sole tre parole..le scelte di regia.
Sono queste scelte che determinano lo stile e la poetica di un autore e un'analisi più ravvicinata possibile di tutto questo permette di arrivare all'essenza di ciò che è puramente cinema.
Segui gli esempi fatti: non puoi scindere un "messaggio" da ciò che lo produce, l'idea che viene fuori da ciò che la mette in pratica. Per questo ovvio motivo la critica poetica di un autore è strettamente legata e prodotta, generata, dalla sua realizzazione "tecnica".
_________________
E' una storia che è successa ieri, ma io so che è domani.

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bunch311

Reg.: 20 Gen 2005
Messaggi: 430
Da: roma (RM)
Inviato: 11-10-2006 00:30  
quote:
In data 2006-10-10 23:21, Quilty scrive:
Veramente non sono quelle le uniche sequenze al ralenty : hai dimenticato la morte di Cowboy. Ho visto il film ieri e lo ricordo perfettamente.
In ogni caso no, non riesco a collegare questi tre elementi , queste tre scelte di regia. Spiegacelo grazie.

Comunque Full Metal Jacket non ha praticamente alcuno spunto di rilievo nella sua regia: oltre alle scene citate precedentemente ne aggiungo solamente un'altra.
Durante la lunga sequenza finale tre marines vanno incontro alla morte , uccisi dal cecchino. Prima di morire, Kubrick stacca e mostra una soggettiva dal punto di vista del cecchino. Lo spettatore viene così informato dell'imminente fine dei 3 malcapitati. Questo e gli altri sono rari momenti in cui il linguaggio del cinema viene utilizzato per produrre un significato, il resto (mi spiace dirlo ) è una sequela di inquadrature dove il "messaggio" vi è già contenuto.
E ripeto, FMJ è un film pieno di contenuti:purtroppo non li si può ricavare se non da elementi che esulano da un'analisi degli strumenti del cinema (inquadrature, movimenti di macchina e montaggio)ma che riguardano piuttosto un precedente lavoro (ottimo ) di sceneggiatura ecc ecc...
Qual' è allora il merito della regia? In questo caso vale ben poco.



[ Questo messaggio è stato modificato da: Quilty il 10-10-2006 alle 23:48 ]

genio,cowboy da chi è ucciso?magari l'uso della macchina per dare un idea di cinema verità?l'uso delle musiche?!
_________________
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Tristam
ex "mattia"

Reg.: 15 Apr 2002
Messaggi: 10671
Da: genova (GE)
Inviato: 11-10-2006 02:16  
Mi permetto di ripartire da quanto detto in un post di pagina precedente da Bunch311, nel quale lontanamente si implicava l'utilizzo dello spazio del set come vero spazio di azione del cinema di Kubrick. Ovvero di un luogo immaginario e reale (che poi è il perfetto corrispettivo delle sue sceneggiature dove i suoi personaggi si dimenano in un destino già segnato e dal quale per quanto possano lottare non scappano... vedi rapina mano armata per esempio, ma anche Arancia Meccanica) in cui Kubrick racchiude e schiaccia la sua messa in scena.

Kubrick, a proposito di Arancia Meccanica nell'intervista che su questo film fece Micheal Ciment nel 1980, alla domanda che chiedeva come facesse a preparare un certo tipo di inquadrature, risponde:
"Salvo rarissime eccezioni, io penso che sia importante tenere da parte le proprie idee di regia fino all'ultimo momento, e utilizzare come base per quello che si girerà la scenografia e l'azione prescelte.

Chiaramente, quando si è già girata una scena in un determinato modo, si ha la possibilità di adattare il resto, ma la cosa più importante è provare con grande cura le scene, e assicurarsi che ci sia qualcosa di interessante da riprendere. Solo dopo ci preoccuperà del "come": il "come" deve sempre seguire il "cosa". Prima di tutto vengono il contenuto e le idee, poi ci si potrà preoccupare del modo di girare. Le idee di regia non compaiono quasi mai sulla sceneggiatura. Per quanto pensiate una scena, e la prepariate accuratamente, quando arriva il momento di girarla, con gli attori già in abiti da scena, guardate la scenografia tenendo presente ciò che avete già fatto, e ogni volta vedrete un quadro diverso da tutti i possibili progetti precedenti, da quello che avete pensato di fare. Di solito bisogna rielaborare internamente la scena, e spessissimo bisogna anche cambiare il dialogo".

Con questo Kubrick ovviamente non aveva intenzione di stabilire un/il metodo obbligatorio, nonché unico, di seguire e sviluppare la messa in scena di una sceneggiatura, al contrario, credo, che questa sua affermazione apra una buona strada sulla riflessione metodologica della nascita di un film. Con questa spiegazione Kubrick afferma, magari solo inconsciamente, di fare parte di una certa (chiamiamola così) scuola che ha le sue origini nel cinema muto, e in particolare nel metodo renoriano.

Ovviamente vale anche, volendo e credo che ci stia tutto, un discorso opposto da quello offerto da Kubrick. Perché se è vero che solo sulla scena (della messa in scena) si possono davvero stabilire i primi punti “costruttivi” di una regia (orrizonti di gloria e la trincea), vale anche però, su un piano pratico ma anche stilistico, seguire quel flusso mentale che spesso nei cineasti, cinefili, sceneggiatori, registi e critici trasforma le parole in immagini chiusi dentro ad un rettangolo…e che, per una serie di automatismi che richiamano alla mente cultura, memoria, regole morali ecc. ecc, fa visualizzare inquadrature, movimenti di macchina, stringhe di montaggio ecc. ecc. Perché è vero che questo succede.

Succede ogni giorno, non fosse altro che per quella nostra propensione (acquisita con l’era tecnologica dove l'immaginario è legato al cinema che a sua volta è legato al sogno, all'onirico e quindi alla significazione dei sentimenti per immagini) di volere registrare o vedere registrati i momenti più particolari o importanti della nostra esperienza..

E a proposito di esperienza, Kubrick, nel suo metodo di lavoro, lo dice nel testo citato, ne fa un elemento assolutamente importante.
Ma se fosse solo una questione di esperienza nessuno inizierebbe mai. Kubrick quindi suggerisce, per corollario, che è assolutamente importante avere sotto controllo la scena, dove per scena si intende tutto: scenografia, attori e loro movimenti, luce, macchina da presa e sui possibili posizioni. Nonché, credo, una buona dose di entusiasmo che riesca a superare tutti gli intoppi e le modifiche del momento. Per questo, leggendo Kubrick, si può desumere che si possa anche decidere di sviluppare il proprio lavoro di messa in scena intorno a quelli che si vuole che siano i punti cruciali o importanti del film, a livello proprio di regia e non di storia narrata e da narrare. Scegliere dei perni di azione, su cui poi costruire il terreno connettivo.

E non mi riferisco solo a stabilire quelle inquadrature che vengono chiamate estabilishing shot o master, ma proprio a quel tipo di inquadrature, a cui mi riferivo poco sopra, che nascano dalla mente e visualizzano il film, al di là di storia e scena e che possono anche non aggiungere nulla come afferma Quilty, ma che fanno parte inevitabilmente di quel costrutto immaginifico che nasce dalla terra dei significati.

Detto questo ecco allora la questione Renoir.
Renoir aveva un modo tutto particolare di girare i film. Come Kubrick non pensava mai alla regia fino a cui non arrivava il momento delle riprese, ma più di Kubrick, se non altro in maniera molto più stilistica che metodologica (sta anche qui la grandezza di Renoir, in questo suo essere intrinsecamente dominato da una sua visione piuttosto che da una regola di sviluppo) faceva della regia una questione quasi interamente processuale.

E questo unicamente perché la sua messa in scena era veramente più un luogo in atto che un’idea in mente. Una vera e propria messa in scena della scena, una regia liquida che si adatta al contenitore. E in particolare delle posizioni e movimenti dei personaggi, nonché del loro essere quello che la sceneggiatura delineava. Non a caso le sue sceneggiature apparivano “come un caso evidente del processo di costruzione del testo[…]: il suo rapporto con l’attore è decisivo fin dal primo delinearsi del personaggio nella fase di scrittura del copione”. Renoir infatti diceva (a proposito di ‘La regle du Jeu’): “Ancora una volta partivo dall’esterno per arrivare alla creazione di un personaggio o di un intreccio […]. Si parte da ciò che ci circonda per arrivare all’io”. E questo vale per la definizione di un personaggio, come la costruzione di una scena e l’articolazione delle inquadrature, dentro il quadro e con altre inquadrature.

Per questo il suo set diventava il luogo di attivazione della regia, ed è soprattutto per questo che si parlava, apposta, di messa in scena della scena.
“Renoir trova girando: trova l’inquadratura, l’attore, il personaggio, trova in fondo la stessa storia, che non coincide necessariamente con il plot del film, ma che ne è il senso profondo”…

In sostanza apertura del testo nei confronti dei suoi materiali. Materiali di varia natura appunto, (per chiudere il cerchio del concetto): visioni di inquadrature, segnalazioni della sceneggiatura di ferro, punti cardine di regia, il set che cambia la storia (perché inizia a visualizzarla) e che diventa luogo di sperimentazione e prassi.
Ed è in questo vastissimo concetto, riflesso di un approccio al cinema (alla materia del film) che in Kubrick “l’ossessione claustrofobica e la ricerca del punto di fuga sono i sentimenti che guidano il movimento dei personaggi kubrickiani nello spazio. E questa stessa ossessione è l’unica comunione possibile fra spettatore-attore e cinema kubrickiano, l’unico fattore condivisibile. In tal senso potremmo giungere alla non remota conclusione che lo spettatore viene diretto e perturbato da Kubrick alla stregua dei suoi stessi protagonisti".

Si attua come un raddoppio, ma è un raddoppio che parte dal set, da come è organizzato, e che incanala i personaggi così come chi li guarda e li esperisce, mentre la macchina da presa ossesivamente ripete se stessa e ricalca i significati. E pur facendo questo non è vero che il film è solo esecuzione di sceneggiatura. Anzi è la sua doppia trasposizione visuale e scritturale.


_________________
Una minchia/sapida

[ Questo messaggio è stato modificato da: Tristam il 11-10-2006 alle 02:18 ]

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Schizobis

Reg.: 13 Apr 2006
Messaggi: 1658
Da: Aosta (AO)
Inviato: 11-10-2006 09:45  
quote:
In data 2006-10-10 23:43, Quilty scrive:
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In data 2006-10-10 14:22, Schizobis scrive:

La mia sensazione è questa: più si parla di tecnica, di montaggio, di sceneggiatura più si rischia di perdere di vista l'essenza stessa di un film.

Non riesco a capire come critiche di tipo tecnico pssano tramutarsi in critiche della poetica di un autore.




Ma è proprio il contrario Schizo. L'essenza stessa di un film è data da precise scelte di regia. Ci si può fermare ad un'analisi superficiale oppure si può decidere di andare a vedere il luogo dove nasce quella che viene comunemente chiamata emozione, o poetica o che dir si voglia.
Significa inoltre considerare il cinema per quello che è, una disciplina autonoma che si basa sulle immagini e non su dei libri o chissà cos'altro. Non c'è metro più corretto se non quello di valutare una forma di comunicazione secondo i mezzi che usa per comunicare. E i mezzi che il cinema usa sono tutto quello che passa attraverso la mdp: cosa viene inquadrato, come, con quale ripresa, come viene montato...in sole tre parole..le scelte di regia.
Sono queste scelte che determinano lo stile e la poetica di un autore e un'analisi più ravvicinata possibile di tutto questo permette di arrivare all'essenza di ciò che è puramente cinema.
Segui gli esempi fatti: non puoi scindere un "messaggio" da ciò che lo produce, l'idea che viene fuori da ciò che la mette in pratica. Per questo ovvio motivo la critica poetica di un autore è strettamente legata e prodotta, generata, dalla sua realizzazione "tecnica".




E invece la tua critica su Amarcord ( e la totale incomprensione di questo film) non fa che confermarmi come i tuoi presupposti teorico tecnici ti portino da un altra parte, lontano dalla poetica dell'immagine, mille chilometri distante dal vero linguaggio cinematografico dell'autore,confondendo forma e contenuto, mezzi espressivi e messa in scena, nel regno inconsistente e arido della semantica.

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kagemusha

Reg.: 17 Nov 2005
Messaggi: 1135
Da: roma (RM)
Inviato: 11-10-2006 10:59  
quote:
In data 2006-10-10 23:21, Quilty scrive:
Veramente non sono quelle le uniche sequenze al ralenty : hai dimenticato la morte di Cowboy. Ho visto il film ieri e lo ricordo perfettamente.
In ogni caso no, non riesco a collegare questi tre elementi , queste tre scelte di regia. Spiegacelo grazie.

Comunque Full Metal Jacket non ha praticamente alcuno spunto di rilievo nella sua regia: oltre alle scene citate precedentemente ne aggiungo solamente un'altra.
Durante la lunga sequenza finale tre marines vanno incontro alla morte , uccisi dal cecchino. Prima di morire, Kubrick stacca e mostra una soggettiva dal punto di vista del cecchino. Lo spettatore viene così informato dell'imminente fine dei 3 malcapitati. Questo e gli altri sono rari momenti in cui il linguaggio del cinema viene utilizzato per produrre un significato, il resto (mi spiace dirlo ) è una sequela di inquadrature dove il "messaggio" vi è già contenuto.
E ripeto, FMJ è un film pieno di contenuti:purtroppo non li si può ricavare se non da elementi che esulano da un'analisi degli strumenti del cinema (inquadrature, movimenti di macchina e montaggio)ma che riguardano piuttosto un precedente lavoro (ottimo ) di sceneggiatura ecc ecc...
Qual' è allora il merito della regia? In questo caso vale ben poco.



[ Questo messaggio è stato modificato da: Quilty il 10-10-2006 alle 23:48 ]



ancora una volta le premesse sono interessanti e le conclusioni sbagliate

qual'è il merito della regia?
riesci ad immaginare fmj girato da qualcun'altro? io no.

ho paura che tu confondi la regia con i movimenti di macchina, il montaggio o che so l'uso del rallenty, ma la regia di un film è questo e mille altre cose
se un giorno lavorerai in un set cinematografico te ne accorgerai
e se ci hai già lavorato avresti dovuto accorgertene


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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 11-10-2006 11:54  
quote:
In data 2006-10-11 02:16, Tristam scrive:
E pur facendo questo non è vero che il film è solo esecuzione di sceneggiatura. Anzi è la sua doppia trasposizione visuale e scritturale.





Verissimo. La messa in scena della messa in scena, se si può dire, è uno dei temi principali di Kubrick. Non si tratta solo di riprodurre all'interno della narrazione dei veri e propri teatrini (le battaglie dei drughi in Arancia meccanica quando si scontrano con le bande rivali avvengono in teatri abbandonati, le rappresentazioni teatrali di Barry Lyndon): l'aspetto di questo tema non si ferma solo ad un livello di sceneggiatura ma coinvolge anche la regia.
Come faceva già notare Bunch, gli zoom incessanti di Barry Lyndon si aprono sempre di più fino all'infinito fino a dare l'effetto di veri e propri quadri scenici in movimento(che riprendono in tutto le pitture di Gainsborough e Reynolds) e quindi replicando un evento che è già stato e che non fa altro che ritornare immutato, sempre uguale a se stesso. Non è un caso che qualcuno abbia parlato di Barry Lyndon come di una storia fantascientifica, osservata o ripresa da un'astronave aliena, dove l'artificiosità della sua costruzione proprio a livello di regia ottiene l'effetto di cui si parlava prima.

Anche in FMJ avviene questo raddoppio a livello sia narrativo che visivo.
Nella seconda parte del film la figura principale è quella del soldato Joker, giornalista che lavora nelle retrovie. Ad un certo punto della storia entra quindi in scena la televisione : con uno scambio di incessanti campi e controcampi il punto di vista del film diventa allo stesso tempo quello della macchina da presa dell'attore che riprende i soldati per eseguire il suo reportage giornalistico(i protagonisti guardano direttamente in macchina e quindi noi stiamo guardando il film attaverso il punto di vista della mdp della comparsa che riprende gli attori intervistati): le due rappresentazioni diventano una cosa sola. Ecco quindi che la messa in scena della messa in scena raggiunge il suo scopo a un doppio livello, sia di sceneggiatura che di risultato di regia, tramite attente inquadrature studiate per giungere esattamente a quell'effetto.


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Quilty

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quote:
In data 2006-10-11 09:45, Schizobis scrive:

E invece la tua critica su Amarcord ( e la totale incomprensione di questo film) non fa che confermarmi come i tuoi presupposti teorico tecnici ti portino da un altra parte, lontano dalla poetica dell'immagine, mille chilometri distante dal vero linguaggio cinematografico dell'autore,confondendo forma e contenuto, mezzi espressivi e messa in scena, nel regno inconsistente e arido della semantica.



Dai Schizo, non hai detto niente e lo sai bene. Sono due giorni che si parla della relazione tra forma e contenuto e non hai avuto nulla da obiettare. Il tuo è solo un muro difensivo che si basa sostanzialmente su un pregiudizio.

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In data 2006-10-11 10:59, kagemusha scrive:

ho paura che tu confondi la regia con i movimenti di macchina, il montaggio o che so l'uso del rallenty, ma la regia di un film è questo e mille altre cose
se un giorno lavorerai in un set cinematografico te ne accorgerai
e se ci hai già lavorato avresti dovuto accorgertene





Si vabbè...non prendiamoci in giro dai. la regia è anche dirigere gli attori se è per questo ma evidentemente non era questo il senso del discorso, peraltro chiarissimo.
Non incartiamoci sulle parole: regia sta per scelte di regia, ormai ho la nausea della parola. Scelte di regia sull'aspetto puramente cinematografico, prerogativa esclusiva del cinema: le inquadrature i movimenti di macchina e il montaggio, in sole 3 parole...il linguaggio del cinema.
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E' una storia che è successa ieri, ma io so che è domani.

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In data 2006-10-11 12:00, Quilty scrive:
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In data 2006-10-11 09:45, Schizobis scrive:

E invece la tua critica su Amarcord ( e la totale incomprensione di questo film) non fa che confermarmi come i tuoi presupposti teorico tecnici ti portino da un altra parte, lontano dalla poetica dell'immagine, mille chilometri distante dal vero linguaggio cinematografico dell'autore,confondendo forma e contenuto, mezzi espressivi e messa in scena, nel regno inconsistente e arido della semantica.



Dai Schizo, non hai detto niente e lo sai bene. Sono due giorni che si parla della relazione tra forma e contenuto e non hai avuto nulla da obiettare. Il tuo è solo un muro difensivo che si basa sostanzialmente su un pregiudizio.



Sono due giorni che spaccate il capello in quattro, tra semeiotica ed escatologia tecnico meccanicistica.
Oltre a spaccare il capello, mi si sono spaccati i coglioni a leggere soprattutto le tue elucubrazioni. Mentre trovo Tristam leggibile ed anche istruttivo, mi dispiace come le argomentazione imprestate (insomma cerchi di copiare Tristam ma ne hai ancora di strada da fare) e manipolate ti portino a guardarti allo specchio come uno splendido Narciso.
Condivido le premesse (e questo l'ho già scritto in un altro post) ma le conclusioni a cui giungi denotano un certo grado di supponenza cinefila e furia iconoclastica che diventa ridicola se applicata a film come Amarcord o ad altri di SK.
Insomma le stesse accuse che ti rivolge Kagemusha per essere sintetico.

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In data 2006-10-11 12:05, Quilty scrive:
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In data 2006-10-11 10:59, kagemusha scrive:

ho paura che tu confondi la regia con i movimenti di macchina, il montaggio o che so l'uso del rallenty, ma la regia di un film è questo e mille altre cose
se un giorno lavorerai in un set cinematografico te ne accorgerai
e se ci hai già lavorato avresti dovuto accorgertene





Si vabbè...non prendiamoci in giro dai. la regia è anche dirigere gli attori se è per questo ma evidentemente non era questo il senso del discorso, peraltro chiarissimo.
Non incartiamoci sulle parole: regia sta per scelte di regia, ormai ho la nausea della parola. Scelte di regia sull'aspetto puramente cinematografico, prerogativa esclusiva del cinema: le inquadrature i movimenti di macchina e il montaggio, in sole 3 parole...il linguaggio del cinema.



certo che il tuo discorso era chiarissimo io voglio solo evidenziare quanto è limitante fare un discorso del genere

dici che k usa poco quello che chiami linguaggio esclusivo del cinema, benissimo possiamo anche essere parzialmente d'accordo(ma anche tu mi sembra che non fai che trovare in continuazione eccezzioni alla tua regola)
ma se poi concludi con Dov'è il merito della regia? allora mi costringi ad ampliare il discorso

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Quilty

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In data 2006-10-11 12:18, Schizobis scrive:


Sono due giorni che spaccate il capello in quattro, tra semeiotica ed escatologia tecnico meccanicistica.
Oltre a spaccare il capello, mi si sono spaccati i coglioni a leggere soprattutto le tue elucubrazioni. Mentre trovo Tristam leggibile ed anche istruttivo, mi dispiace come le argomentazione imprestate (insomma cerchi di copiare Tristam ma ne hai ancora di strada da fare) e manipolate ti portino a guardarti allo specchio come uno splendido Narciso.
Condivido le premesse (e questo l'ho già scritto in un altro post) ma le conclusioni a cui giungi denotano un certo grado di supponenza cinefila e furia iconoclastica che diventa ridicola se applicata a film come Amarcord o ad altri di SK.
Insomma le stesse accuse che ti rivolge Kagemusha per essere sintetico.



Ma non hai detto nulla. Ti sei fermato a farmi un bel ritrattino senza aggiungere altro. Non credo che gli altri forumisti siano interessati a parlare di me, delle mie presunte caratteristiche. Io non lo sono di certo,pertanto sorvolo la tua critica. Rinnovo l'invito a parlare dell'argomento discusso piuttosto che degli utenti che lo propongono.

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